Vladimir Spivakov (subito affermato come uno dei migliori violinisti russi, ha suonato con le più importanti orchestre e con direttori come Bernstein e Conlon; dall’ottobre 1997 suona il famoso Stradivari “Hrimali”) e Alexander Ghindin (nel 1994 è stato il più giovane vincitore del concorso Ciaikovsky, ha dunque partecipato a numerosi festival ed ha inciso vari cd) hanno interpretato, per la stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, musiche di BartÓk, Schubert e Franck. Serata dai toni sospesi e lo si è capito subito quando il grande violinista ha iniziato l’esecuzione della Sonata n.2 di BartÓk. Straordinariamente interessante ed affascinante quando il duo proponeva all’ascolto un fantastico Schubert, la Fantasia in do maggiore D. 934, che dimostrava il vero carisma del violinista russo, nonché le suggestioni della musica romantica. La serata si concludeva con l’esecuzione della sonata in la maggiore di Franck accolta con grande entusiasmo dal pubblico, cui il musicista concedeva alcuni raffinati bis.
Ospite abituale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Jeffrey Tate (nato a Salisbury nel 1943, i suoi interessi musicali sono diventati fondamentali nella sua vita; il suo repertorio comprende opere di Mozart, Strauss, Wagner e di autori francesi; ha diretto le più grandi orchestre mondiali) ha condotto da vero protagonista il concerto svoltosi il 2 giugno scorso.
La serata veniva introdotta dall’esecuzione dalla Sinfonia n. 1 di Robert Schumann in cui l’amalgama del complesso strumentale era reso al meglio dal Maestro. Da sottolineare come la corposità degli archi supportava i ripieni orchestrali nel modo migliore. Il direttore, nella seconda parte del concerto, evidenziava i complessi fraseggi della Spring Symphony di Benjamin Britten, scritta dal trentaseienne compositore nel 1949, dai contenuti interessanti che rivelano un musicista del Novecento radicalmente libero da condizionamenti.
Il maestro ha saputo mantenere con perizia interpretativa l’equilibrio vocale e strumentale dell’ensemble.
La nitidezza del coro della Radio di Budapest faceva da sfondo alla complessa composizione, mentre il contralto Carolyn Watkinson non si dimostrava all’altezza della situazione. Suoni romantici, suoni moderni, diretti in modo impeccabile da un vero professionista della musica.
Al termine di entrambe le esecuzioni il pubblico dimostrava il suo assenso con applausi convinti.
Articolo di Bruno Bertucci